E chi non lo conosce il nostro Votantonio.
Lo conobbi già negli anni “eroici” del 204, quando veniva a Vigna di Valle e faceva stendere tutti a terra. Passaggi bassi, piroette, dietro-front, impennate, scalate di marcia, debraiata semplice e doppia, stop e ripartenza a muso a terra.
Lanciava gli ARS come se fossero birilli; quando veniva a lanciare i paracadutisti il venerdì, durante i mitici anni della sopravvivenza in mare, targata Franco Papò.
Non c’è che dire, ha avuto sicuramente buoni maestri, il mitico (RICO) Genovese, ma il binomio che formava con la macchina era già solido allora.
Ci ritrovammo a Ciampino, lui già capo equipaggio HH3F e, essendo della stessa altezza, si trovava a suo agio con me, che ancora sono di quella statura.
Recuperammo i primi bersagli al poligono sardo di Tor San Lorenzo, facemmo mille e mille ore di addestramento, istruendo giovani e neo assunti, aprendo e chiudendo piste percorribili e non.
C’era già un piccolo decalogo per gli istruttori di specialità SAR, si chiamava ancora in quel modo, che nominavano “pronto impiego” piloti e specialisti.
Votantonio ne aveva uno tutto suo, diciamo un poco personalizzato: emergenze a rotta di collo, atterraggi in montagna, in aree ristrette, con la coda dell’elicottero in bilico, simulazioni di stallo motore, ammaraggio forzato, flottaggio e rapido decollo, insomma una miriade di cose condensate in un’ora e mezza di volo.
Le procedure di emergenza erano il suo forte, le conosceva a menadito ed era inflessibile con chiunque commetteva errori durante le fasi addestrative.
Il recupero con verricello e collegata emergenza erano all’ordine del giorno, non c’era volo dove l’ARS non venisse lasciato appeso al suo precario destino, specialmente sui precipizi e quando si provavano i recuperi da imbarcazioni, il suo modo di saggiare le competenze non aveva confini.
La professionalità che metteva in ogni volo gli ha consentito di essere sempre tra i primi della classe, non ci sono mai stati dubbi.
Ma una volta impattò con la pancia dell’HH a terra, durante una manifestazione SAR, mentre effettuava il famoso atterraggio d’assalto che gli era riuscito mille e mille volte. L’HH subì qualche danno, per fortuna rimediabile.
Ammarò sul lago di Bracciano ed un secondo elicottero, che lo seguiva come un'ombra, lo scortò fino all’arrivo, dove l’elicottero fu trainato a terra a riparato.
In quel frangente bisognava mettere le spine al carrello mentre l’elicottero era ancora in acqua e trovammo non poche difficoltà a farlo, ma grazie al nostro Menna, Adreuccio per gli amici, tutto si risolse. Lo specialista fu nominato sul campo ARS Honoris Causa.
Votantonio continuò a qualificare i capi equipaggio, quello dell’esame del “Biondo” Romanini è quello che ricordo meglio.
Tutto si svolse secondo i canoni. Lui seduto al posto del secondo che alternava emergenze su emergenze: impianto idraulico, AFCS, motori, concludendo sempre con un recupero in montagna, a circa 5000 ft., con il classico “emergenza verricello” con il povero tapino, io, su un precipizio infernale.
Presi una botta alla schiena e restai un poco dolorante, mi facevano male le gambe che si rifiutavano di stare al loro posto.
Una volta recuperato tutto d’un pezzo, lo specialista mi massaggiò come conviene alla migliore tradizione nipponica.
Quando eravamo in circuito per atterrare, in finale, lui stoppò improvvisamente un motore, dopo che aveva escluso l’AFCS.
Il Biondo faticava a mantenere la bestia in volo, ma era preparato e ben addestrato, quindi era consapevole con chi aveva a che fare.
Mi sporsi nell’abitacolo dei due e con il mio fare da cospiratore, suggerì a Votantonio, “mettigli il freno rotore, vediamo come se la cava!!??”
Insieme facemmo la famigerata missione a Cipro e insieme ridemmo, ed ancora ridiamo, della nostra dedizione al dovere, particolare, ma seria ed inequivocabile.
Poi luì andò per “sacri lidi” e divenne per anni il pilota della “massima cosa”.
Fu devoto, ma anche piuttosto puntiglioso, e ormai prossimo al termine della sua vita aeronautica chiese ed ottenne di passare gli ultimi mesi in paesi caldi e lontani.
Ora è in pensione, fa parte del famoso comitato macchietta, ed è uno dei nostri migliori operatori in seno all’Associazione Gente del Quindicesimo.
Ma siamo ormai il passato remoto di uno Stormo e molti non ricordano nessuna delle nostre malefatte.
Nuove facce, nuovi propositi, nuove sedi, ma il suo spirito è rimasto intatto, quello in volo con i suoi manuali a portata di mano, quello delle emergenze, quello di portatore di una speciale “sindrome da iperattività da volo” che gli diagnosticammo nel corso degli anni.
Un male incurabile, vi assicuro.
Per una volta cambiamo il finale, invece di Mammajut:
“Votantonio, votantonio, votantonio”