Cronaca di un Abbraccio
di Antonio Toscano
AL BUIO
Ore 04.30 la sala VIP del terminal aeronautico di Ciampino è già piena; imbarco sul B.767 per Brindisi; non mancano all’appello quanti furono coinvolti a vario titolo e noi di Gente del Quindicesimo che vantiamo elementi di qualità, ma Sergione Ivaldi (meglio conosciuto come il nonno, ma figlio eletto successore di Votantonio Berardo) mi impressiona perché al petto porta altro distintivo di Reparto.
Ci sono molti ex Quindicesimo che ora prestano servizio altrove ma che non voglio mancare alla commemorazione, Gino Petrucci non ha dormito per essere puntuale, come me del resto.
A Brindisi imbarchiamo la parte preponderante, quasi l’intero Centro SAR ed i familiari dei caduti, poi alla volta di Metz in Francia.
AL MATTINO
Con due torpedoni francesi raggiungiamo il luogo della cerimonia, dove ci accoglie quasi tutto il paesino, Sindaco in testa.
Gentili, cortesi ed accorti, la gente di Francia partecipa commossa.
Bandiere e vessilli di associazioni combattentistiche fanno da cornice e da corona.
La chiesa è gremita, gente comune, autorità civili e militari, seguono la cerimonia religiosa scandita dagli squilli del trombettiere.
La nostra presenza è ai massimi livelli. Il Capo di SMA, che sottolinea il sacrificio degli otto caduti.
Poi si scopre la stele che è nelle vicinanze del luogo; familiari e colleghi dei caduti, militari dell’Armèe dell’Air, Console italiano in Francia, Addetto Militare a Parigi, personale dell’Ambasciata d’Italia, il Presidente della nostra Associazione e tanta, tanta gente.
Poi i tanti fiori ed il cielo che ci fornisce le lacrime con la pioggia.
GLI OCCHI
Ho visto la partecipazione di un piccolo paesino della campagna francese stringersi commossa ai familiari, mettere a disposizione loro stessi per ospitare la sacralità del momento, con rispetto e con il loro lavoro di accoglienza.
Ho visto il Capo di SMA commosso e partecipe, ho sentito le sue parole con gli occhi lucidi, la sua postura di uomo colpito nella parte più profonda. Grazie Sig. Generale, grazie tante, da parte del cronista di Gente del Quindicesimo e della nostra Associazione.
Ho visto quanti sono intervenuti a loro spese dall’Italia, con macchine, camper e treno. Ho rivisto dopo tanti anni tre attempati signori, gli ex quindicesimo non si smentiscono mai, Donà, Tommasi e Luzi, ex di Rimini ma con l’amore di sempre.
Ho visto gli ARS di Rimini e di Brindisi, in perfetta uniforme; ho visto la loro commozione sincera che trapelava per gli otto caduti.
Ho visto i familiari composti nel ricordo e nel dolore.
Ho visto i tanti miliari dell’A.M. autenticamente coinvolti nel silenzio e nel rispetto del sacrificio.
Ho visto e mi sono chiesto tante cose.
PERCHÉ
Perché e cosa spinge tanta gente aeronautica in questo momento.
Perché e qual è la parte che sollecita questo momento.
Perché gli aviatori dell’Aeronautica Militare Italiana ne restano colpiti. Solidarietà? Voglia di partecipazione? Tentativo di fugare la morte?
Gli aviatori del Quindicesimo lo sanno bene cosa spinge. É quella parte intima che si acquisisce nel vivere la vita in volo, di giorno e di notte, quando è freddo e quando è caldo, comunque insieme. Lo apprendono durante i voli addestrativi, durante le operazioni reali, quando si dipende l’uno dall’altro e quando il gesto di uno è talmente significativo da restare impresso per sempre, quando ti colpisce il sorriso del pilota che tiene la macchina in volo nonostante la natura che si oppone, vento, pioggia, neve, sabbia. Lo apprendono vedendo gli specialisti sempre vigili nei loro giri di controllo; lo si apprende e non si dimentica più, vedendo l’ARS che scende appeso ad un cavo in un dirupo di montagna o nell’immensità del mare minaccioso, per finalizzare lo sforzo di una missione operativa, lo si apprende fino a diventare una modalità che esprime anche altrove.
Tutti gli aviatori lo sanno, tutti quelli che volano sanno che è necessario avere un buon Medico ed un amico Assistente Sanitario, il loro ruolo è insostituibile.
Tutti gli aviatori diventano consapevoli che c’è una grande squadra dietro di loro.
Quando cade un aviatore, tutti, ma proprio tutti, ne restano colpiti, perché il processo di identificazione è una modalità sensoriale che cresce e si sviluppa nel petto di ognuno fino ad essere parte di se stessi, ecco perché si è coinvolti: “Potevo essere io a bordo”; “Sono io il medico che ha…sono stato l’Infermiere che con loro…”; “ho volato con loro quando…”.
Cresce col tempo, durante i voli, durante la vita di Reparto, fino a diventare una modalità, un tratto del carattere, stabile e manifesto.
La parte che più viene sollecitata sono i sentimenti, quel certo sentire che è sempre difficile descrivere a parole, un dolore al petto come che il cuore fosse colpito e che si manifesta spesso con le lacrime e che spinge l’Io a rannicchiarsi dentro di noi.
Non è mai la paura, è uno sperone che spinge i fianchi degli aviatori del Quindicesimo.
Ecco perché si partecipa, la morte di otto colleghi è il dolore causato dallo sperone ed il tentativo che ognuno fa per resistere al dolore ed andare avanti, sempre.
É addirittura riconoscenza verso gli otto caduti: il vostro sacrificio non sarà mai vano.
Questo hanno visto gli occhi del vostro improvvisato cronista; hanno visto modalità di vita operare, hanno visto modalità di essere al mondo nonostante la minaccia della morte; hanno visto modalità che gli aviatori tutti apprendono e che si portano appresso per il resto della vita; quella cosa che fa muovere gli ex dello Stormo fin quassù, quella cosa che si esprime come meglio si può, fino al grido del Mammajut che Ciro Connola ha innalzato al cielo e che ha trovato puntuale risposta del Quindicesimo tutto.
BUIO DI NUOVO
Con il buio torniamo, in un cielo che sembrava essere pacificato, volando a 39.000 ft, come è modalità degli aviatori che a casa riprenderanno vita di sempre.
Dovere, onore e rispetto sono i cardini della vita appresa in volo, è il nostro modo di stare al mondo che si è manifestato in questo giorno.
Dalla Francia, con amore.
Mammaiut