Viaggio n° 1944
Tempo e spazio. Gli assiomi
di Antonio Toscano
Il cosiddetto periodo considerato è solo per gli storici esigenti, che hanno sempre bisogno di soddisfare la loro maniacalità.
Il cantico dell’avventura è quello che non ha data, non ha inizio nè fine, è imprecisato nel tempo e forse nello spazio.
É a volte nebuloso, perché generato da impulsi onirici ed a volte è chiaro e limpido come qualcosa che è appena trascorsa.
Tutti i viaggiatori spazio-temporali devono sempre rendere omaggio a qualcuno, è l’usanza; un viaggiatore che s’appresta a navigare in una comunità di aeronauti, non può non dedicare un pensiero ad Antoine De Saint-Exupéry, il pilota-poeta, che “cadde dolcemente come cade un albero”, inghiottito dal mistero, un modo che rimanda allo spirito ed all’arcano: continuare a vivere e volare, passando da una stella ad un’altra, come dice nel Piccolo Principe.
Il viaggiatore che scrive per voi è un poco come il Don Ferrante dei Promessi Sposi, uomo di studio a cui non piaceva nè comandare nè ubbidire, al quale viene dato di conoscere solo il tempo relativo e mai quello assoluto.
Le misure temporali non sono indipendenti da quelle dello spazio, nè viceversa; in conclusione spazio e tempo dipendono l’uno dall’altro.
Questo “sapere colto” trapassa le barriere e si ferma davanti al mistero della vita e della gente; ciascuno di noi, viaggiatori o non, ha il compito di far scoprire i contenuti, quelli di cui si respirano gli effetti e non può certo rivolgersi alla scienza, ma deve giocoforza ricorrere alla poesia, che realizza quello che la scienza nega.
Le poesie sono le nostre certezze, mentre le scoperte scientifiche rappresentano i nostri dubbi e le nostre difficoltà a superare il caos che esse stesse generano di continuo.
Ad un certo punto del viaggio ognuno di noi sente che vacillano le sue certezze; si scopre che esse sono necessità comuni a tutti, sì da chiedere allora “soccorso” al poeta:
Non so dove i gabbiani abbiano il nido
Ove trovino pace
Io sono come loro, in perpetuo volo.
La vita la sfioro come essi l’acqua per acciuffare il cibo
e come forse anch’essi amo la quiete,
la grande quiete marina.
Ma il mio destino è vivere, balenando in burrasca….
(Vincenzo Cardarelli).
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