Una vera squadriglia, o meglio una quadriga, dove non c’era nessun capo o sotto che dir si vogli. Montavano per ventiquattro ore di fila, mangiavano e dormivano senza alcun lamento, in quella specie di posto di comando, al piano superiore del vecchio hangar, attrezzata come in Stark Treck dove c’era il signor Sulk che portava la nave spaziale ad ipervelocità 4.
Telefoni e radio erano gli ingredienti necessari, alla consolle, o meglio ai fornelli, un gruppo scelto che s’alternava 24 su 24, Natale, Pasqua, “Pifania” e feste comandate, in un’unica soluzione di continuità.
C’era il famosissimo Fasano, che ebbe a proferire la famosa frase storica “Comandà!! É scoppiato l’allarme…!!!”, Ciccio Sgrenci, era uno di loro e ben conosce le storiche vicissitudini dei turni sempre più stretti, con Ventriglia con la sua erre moscia.
Chi non ha provato, poco immagina cosa vuol dire essere sempre in turno. La verità è che questo ruolo sapeva di sacrificio, perché dormire e mangiare ogni quattro giorni, per anni ed anni, è sicuramente un ruolo che poco s’adatta a chi vuole essere presente quando i figli crescono, quando le mogli imbiancano, quando sarebbe necessaria la presenza altrove, perché…tanti motivi che è meglio non elencare.
Comunque erano sempre loro che si organizzavano, si sostituivano, venivano incontro a necessità più o meno urgenti, insomma un gruppo autoregolato, come si direbbe oggi, con la giusta entropia (nu’ poco di termodinamica, così per diletto, applicata ai gruppi umani).
Gli anni dall’80 ai 90 sono stati densi di avvenimenti per il Quindicesimo e non c’era un giorno che il telefono squillasse a vuoto, c’era sempre uno di loro a fronteggiare ogni evenienza. Ed erano veramente tante.
Il tempo passava, dieci anni sono lunghi e la fatica di essere sempre inchiodato in quel posto, percuote anche la fibra più forte.
II figli e le mogli devono regolare le loro esistenze con un uomo che ogni quattro giorni s’assenta per lavoro…proprio oggi? Ma non puoi fare a meno? Possibile che non puoi essere sostituito? Ciò significa che la vita qualche volta diventa dura, qualche volta ti viene voglia di far saltare il banco, qualche volta la capacità di mediazione va a farsi benedire, perciò essere impiegati in un simile ruolo, importante e fondamentale per uno Stormo operativo sparso sulla penisola, vuol dire dedizione al compito, attaccamento al servizio, senso del dovere, ecc.ecc.
Ma vuol dire aver partecipato a tutti gli avvenimenti del Quindicesimo, facendo fronte alle richieste di chi era in volo o fuori sede.
Le cose capitano, come capitano, non ti chiedono il permesso, non sanno che c’è una vita altrove che ha bisogno di una costante presenza,
“Scoppiò” il terremoto dell’Irpinia, la Tito Campanella in Marocco, poi un tragico incidente in mare e mille altre esigenze, dove questo manipolo entropico fece fronte con la costante presenza e la dedizione al dovere.
La costante, un concetto matematico, ma anche umano che vuol dire in quella applicazione, trovare sempre e ad ogni ora del giorno e della notte, uno che ti risponde e che capisce quello che chiedi.. ciao sono Ciccio, che vi serve?
Dalla Somalia, quando “scoppiò” la Restore Hope, tramite una radio HF tutte le esigenze, anche le più estemporanee (ci servono gli spazzolini da denti), venivano esaudite, una specie di Genio delle Lampada che era a più di settemila chilometri di distanza.
Un filo diretto, senza passare per altri lidi, era ciò che teneva in collegamento una parte di Quindicesimo con la casa madre, non è poco: garantito!!!
I soccorsi e le operazioni reali a cui era chiamato lo Stormo, passavano tutte per quel filo, anche le minuzie, chiamiamole così, come un pezzo di ricambio per gli elicotteri, una sostituzione per motivi di famiglia, una comunicazione banale come le notizie da fornire alla famiglia, visto che non era sempre disponibile la linea telefonica, visto che molte volte gli equipaggi erano proiettati indietro di mille anni.
Preziosi, molto preziosi; un capitale umano di grande valore che in quegli anni abbiamo avuto modo di possedere; eravamo ricchi, di amici, di colleghi, di gente che era sempre al proprio posto in qualsiasi momento.
In mezzo al mare, in volo di notte, sopra i monti pieni di neve, tutti gli equipaggi erano costantemente seguiti da quel piccolo grande uomo che non crollava mai per il sonno o per la stanchezza, ci voleva ben altro per piegare la resistenza di uno del Quindicesimo; non era una voce anonima del controllo del traffico aereo, era un amico che ascoltava e s’informava per provvedere alla necessità di carburante, di pernottamento fuori sede, di avvisare le famiglie del mancato rientro. Un amico vale un tesoro e noi l’abbiamo sempre avuto.
La grande organizzazione, quella di terra s’intende, poco capisce e poco è aperta, ancora tutt’oggi, a questa semplice ma fondamentale esigenza degli equipaggi, specie come era intesa allora la presenza di sette persone in una landa desolata come un aeroporto del nord, magari coperto di nebbia; un ospite, eri considerato un ospite e ti dovevi adeguare al fatto che i circoli e le mense chiudono a tal ora, nessuno mai pensava di tarare orari e servizi con l’operatività di uno Stormo da prima linea.
Per non parlare di un semplice automezzo per portarti agli alloggi o la disponibilità dei posti letto, lasciamo perdere.
Allo Stormo si vigilava, si monitorava, si provvedeva ad ogni che e soprattutto non s’abbandonava mai il filo diretto con i nottambuli che si divertivano ad andare per aria a quell’ora; al rientro c’era sempre il panino che quello li, quello della sala operativa, aveva provveduto a farti preparare, almeno non andavi a letto digiuno, come un ragazzino in punizione.
Erano anni di sacrificio “tecnologico”, non c’erano i cellulari ed i telefoni pubblici erano sempre in qualche circolo o mensa chiusa, ma alla radio sulla frequenza di Stormo, c’era sempre lui, il turnista amico…oppure l’amico turnista, meglio la seconda.
E quando rimanevi senza soldi e dovevi pagare il conto dell’albergo?
Più di qualche volta gli equipaggi si sono trovati in questa situazione precaria, a me è capitato e posso fornire luogo, nomi e date, ma l’amico a cui mi rivolgevo era sempre al mio fianco, il famigerato turnista.
Impegno, lavoro, dedizione, senso del dovere e del rispetto, ma soprattutto amicizia fraterna, quel principio che viene detto di “colleganza”, una cosa che lega un collega ad un altro, principio inalienabile che avevamo costruito in quel del Quindicesimo Stormo: “Band of brothers”.
MAMMAJUT